Un intervento sulla natura animistica dello strumento principe della musica occidentale, analizzato nella molteplicita' delle sue nature. Il pianoforte e' innanzitutto uno strumento animale domestico, in quanto ha bisogno di un tetto. Va soggetto a perdite di memoria e amnesie, e in effetti lasciato a se stesso si scorda. Ha natura di cetaceo, ma anche di macchina da scrivere. Puo' stare sdraiato o sull?attenti, e' verticale, ma anche orizzontale, si accompagna bene al bar, ma anche alle sacrestie e alle sale di beneficienza. Puo' essere consolatorio e allora e' consolle piano, puo' avere la coda come le sirene, puo' necessitare di pianista, ma a volte fa anche da solo, e allora prende il nome di autopiano. ? lo strumento che, dividendo la scala musicale in tasti bianchi e neri ha certificato il sistema temperato, dei toni e dei semitoni. Le armonie di Werckmeister per citare il capolavoro del cineasta ungherese Bela Tarr. Un incontro insomma sulla storia, le stranezze, le polivalenze di questa straordinaria invenzione dell?essere umano, che non sapendo che nome attribuirgli lo ha nominato a partire dal modo in cui permette di interpretare le note: piano e forte, quasi a sottolineare che non possiamo essere una cosa sola. Tutto dipende da come veniamo suonati. L?incontro alternera' racconti a una manciata di canzoni mute, canzoni in bianco e nero, private delle parole, restituite allo strumento dal quale sono nate.